GLI OGÃS

  (...) aderiscono al candomblé numerosi elementi bianchi di sesso maschile, che vengono integrati al culto in qualità di ogãs. Queste persone non fanno parte delle classi con basso reddito; (...) i nuovi ogãs appartengono, prevalentemente, alle classi privilegiate. (...)
   Le mães-de-santo attribuiscono sempre più questo titolo a industriali, commercianti, liberi professionisti, artisti o intellettuali rinomati, fatto che sta peraltro creando un certo distacco tra questi elementi maschili e il corpo delle filhas-de-santo (...).
   È piccolo il numero di donne bianche nei terreiros tradizionali; alcune di loro sono dame della società baiana, difficilmente accettate dalle sorelle-di-santo. Non si adattano a stare nella condizione di umili iaôs, e quasi sempre ascendono alle più alte cariche entro la gerarchia. Ma le vecchie sacerdotesse nere non le istruiscono completamente, di modo che la loro capacità di azione sia limitata e la loro influenza nel terreiro sia praticamente nulla.
  Le case tradizionali godono di enorme prestigio, e ricevere un titolo in una di esse è un onore conteso. Certi individui, per ottenere uno di quei posti, si invischiano in ogni specie di intrigo. Per essere scelto come ogã, è necessario non solo possedere una posizione, un nome e denaro, ma anche frequentare la casa per anni di seguito, saper conquistare le grazie della mãe-de-santo e delle sacerdotesse più importanti.   
(...)ogã, termine della lingua iorubá che significa signore, superiore, capo. Si tratta di un posto onorifico entro la gerarchia del terreiro. L'ogã svolge funzioni civili come protettore della Casa; ha l'obbligo di partecipare alle spese del terreiro, principalmente in occasione delle feste del santo "signore della Casa", del santo della mãe, in occasione delle obrigações delle sue figliocce e, naturalmente, delle feste del proprio santo.
  (...)L'orgoglio degli ogãs, il loro sentirsi parte di un'élite, é una costante: "Io non sono chiunque: sono ogã di Xangô della Casa Branca." D'altra parte, i più anziani entro un gruppo di culto ci tengono ad affermare la loro superiorità rispetto ai più giovani:"Io non sono chiunque: ho già assentado tre santi."
   Infine, sembrano dilettarsi commentando per ore le peculiarità, le idiosincrasie del proprio santo, del proprio Oxóssi o del proprio Xangô, per esempio, e il tema della personalità dei filhos di questo o quell'orixá è l'argomento preferito delle loro conversazioni.
   Perché aderiscono al candomblé uomini con una formazione culturale occidentale? Come possono assumere una visione del mondo africana, tanto differente, tanto difficilmente conciliabile con la nostra educazione razionalista, scientifica? La posizione sociale di questi uomini, il prestigio di cui già godono nella società baiana escludono alcune spiegazioni: non cercano nel candomblé la cura per malattie, una soluzione per problemi di disoccupazione, compensazioni per la miseria, rifugio contro la solitudine.
   Sono persone che appartengono alle classi privilegiate, (...) d'altra parte sono persone che cercano di ottenere prestigio entro il gruppo di culto, che intendono dimostrare il loro zelo: cercano un'integrazione nel gruppo di culto, vogliono esserne accettati e riconosciuti. Sono, infine, persone che attribuiscono grande importanza al temperamento del loro santo personale.
   Possiamo quindi domandarci se l'ambiente urbano della moderna Salvador non offra condizioni favorevoli al proliferare di quello che è stato chiamato "crisi dell'identità", alla perdita parziale dell'identità personale e se il candomblé tradizionale, come esiste in Salvador, non offra, a sua volta, condizioni che consentano il recupero di questa identità. (...)
              

(Claude Lépine,
"Os estereótipos da personalidade no candomblé nagô",
in: MOURA, C.E. Marcondes De, org.
Candomblé: religião do corpo e da alma,
Pallas, Rio de Janeiro, 2000)


Trad. it. Tiziana Tonon


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